Tumore al seno: le microcalcificazioni maligne hanno una firma biochimica specifica secondo uno studio pubblicato su Cancer Research
Tumore al seno: le microcalcificazioni maligne hanno una firma biochimica specifica secondo uno studio pubblicato su Cancer Research
Nel nostro corpo i processi di calcificazione sono fondamentali per dare forma alle nostre ossa ma esistono altre forme di calcificazione più o meno patologiche a livello di molti organi e tessuti, inclusi il rene, le arterie, la cistifellea e persino il cervello.
Il seno non fa eccezione. La presenza di microcalcificazioni rilevate alla mammografiaè infatti uno dei primi segni della possibile comparsa del tumore al seno, sebbene la loro presenza non sia per forza associata a malignità. L’origine della loro formazione non è molto chiara ma certamente, in caso di microcalcificazioni ‘sospette’, viene indicata la biopsia della zona che le circonda perché si è osservato che se una lesione tumorale è presente, è più probabile che si trovi vicino a microcalcificazioni. Fortunatamente, più del 50% delle biopsie con microcalcificazioni indicano una lesione benigna, e quindi un falso allarme. D’altra parte, ne risulta che moltissime pazienti vengono sottoposte a biopsia, unico metodo ad oggi per accertare la malignità della lesione, anche nei casi in cui il tessuto risulta sano. Questo comporta un eccesso di procedure invasive, comunemente associate a stress, a disagi e, non ultimo, a costi elevati per il sistema sanitario.
Se fosse possibile identificare la malignità di una lesione senza sottoporre le pazienti a biopsia, o perlomeno riducendone il numero, avremmo raggiunto un importante risultato.
I ricercatori degli Istituti clinici scientifici Maugeri Irccs di Pavia e dell’Università degli studi di Milano, in collaborazione con i colleghi dell’ Istituto di Cristallografia (IC, sede di Bari) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dell’Università di Pavia e dell’Istituto Paul Scherrer, in Svizzera, hanno recentemente concluso uno studio, pubblicato su ‘Cancer Research‘, per verificare l’esistenza di una correlazione tra le caratteristiche biochimiche delle microcalcificazioni e il tumore. A tal fine, i ricercatori hanno studiato circa 500 microcalcificazioni provenienti da biopsie con una diagnosi certa (sia maligne che benigne) attraverso il metodo spettroscopico di Raman imaging (basato sulla luce) che permette di studiare in dettaglio la composizione biochimica di un campione producendo delle mappe a più dimensioni altamente informative. In parallelo, i campioni sono stati analizzati in dettaglio attraverso microscopie a scansione con raggi-X per validare le natura cristallina delle calcificazioni.
Lo studio, effettuato su biopsie da 56 pazienti, ha dimostrato che le microcalcificazioni associate al tumore hanno delle caratteristiche specifiche e differenti da quelle associate a lesione benigna. In particolare, si è osservato che le microcalcificazioni associate al tumore sono più omogenee e più ‘cristalline’, suggerendo che la loro formazione potrebbe essere dovuta a processi attivi e con tempistiche relativamente rapide, data l’evoluzione repentina del tumore.
In aggiunta, si è visto che anche le microcalcificazioni situate a una relativa distanza dal tumore, e non solo quelle al suo interno, hanno caratteristiche di malignità. Questo suggerisce che il tumore condiziona e influenza il suo intorno creando un ambiente patologico anche a una relativa distanza dalle cellule propriamente tumorali.
Lo studio indica nuove possibili soluzioni diagnostiche che non necessitano di sottoporre le pazienti a biopsia. Infatti, il metodo Raman utilizzato in questo studio è compatibile con misure ‘in-vivo’ e si può accoppiare con fibre ottiche poco invasive (micro-endoscopi) o con misurazioni che non richiedono di entrare nel tessuto. I prossimi passi saranno l’ottimizzazione e la validazione di questi strumenti, al fine di verificare la possibilità di studiare le microcalcificazioni direttamente nella mammella senza richiedere la rimozione della lesione sospetta.
Lo studio, è stato recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista ‘Cancer Research’ dell’associazione americana della ricerca sul tumore (AACR).