Fonte (AIRC)
Abbiamo fatto alcune domande riguardanti l’infezione da coronavirus a tre diversi esperti: ecco i suggerimenti ai pazienti oncologici per affrontare l’emergenza
Abbiamo fatto alcune domande riguardanti l’infezione da coronavirus a tre diversi esperti: ecco i suggerimenti ai pazienti oncologici per affrontare l’emergenza
La diffusione dell’infezione da Covid-19 ha messo in allarme i pazienti oncologici,
poiché le prime informazioni su questa malattia dimostrano che sono
soprattutto le persone fragili e con patologie pregresse, oltre agli
anziani, a rischiare le complicanze maggiori.
AIRC ha chiesto a tre esperti di fare il punto su quanto si può suggerire a chi è in cura per un tumore. Hanno risposto Giovanni Maga (direttore del laboratorio di Virologia molecolare presso l'Istituto di genetica molecolare del CNR di Pavia), Michele Milella (direttore del Dipartimento di oncologia dell’Università di Verona) e Francesco Perrone (direttore dell'Unità sperimentazioni cliniche dell'Istituto nazionale tumori di Napoli).
Tutti e tre gli esperti ribadiscono che le conoscenze su questa nuova infezione umana, comparsa soltanto a dicembre 2019 sulla scena mondiale, e sulla natura, pericolosità e durata dell’epidemia, sono poche, premature e cambiano praticamente di ora in ora. Perciò occorre molta cautela nell’offrire suggerimenti che non possono poggiare su evidenze e osservazioni specifiche, solide e rigorose. È però possibile dare subito qualche indicazione di buon senso, basata su evidenze scientifiche validate perlopiù in precedenti situazioni infettive ed epidemiche.
AIRC ha chiesto a tre esperti di fare il punto su quanto si può suggerire a chi è in cura per un tumore. Hanno risposto Giovanni Maga (direttore del laboratorio di Virologia molecolare presso l'Istituto di genetica molecolare del CNR di Pavia), Michele Milella (direttore del Dipartimento di oncologia dell’Università di Verona) e Francesco Perrone (direttore dell'Unità sperimentazioni cliniche dell'Istituto nazionale tumori di Napoli).
Tutti e tre gli esperti ribadiscono che le conoscenze su questa nuova infezione umana, comparsa soltanto a dicembre 2019 sulla scena mondiale, e sulla natura, pericolosità e durata dell’epidemia, sono poche, premature e cambiano praticamente di ora in ora. Perciò occorre molta cautela nell’offrire suggerimenti che non possono poggiare su evidenze e osservazioni specifiche, solide e rigorose. È però possibile dare subito qualche indicazione di buon senso, basata su evidenze scientifiche validate perlopiù in precedenti situazioni infettive ed epidemiche.
In che cosa questa infezione da Covid-19 si differenzia dall’influenza stagionale?
Milella:
Innanzitutto è importante fare chiarezza: questa epidemia non è molto
diversa, in termini di gravità dei sintomi, da un’epidemia di influenza,
con la differenza che per l’influenza esistono un certo livello di
immunità diffusa nella popolazione, per la somiglianza dei virus
influenzali fra loro, e soprattutto un vaccino specifico, prodotto ogni
anno, che a inizio di stagione è sempre raccomandato alla maggioranza
dei malati oncologici, che in grandissima parte seguono l'indicazione.
Come per l’influenza, alcune categorie di persone – gli anziani, gli
immunodepressi, le persone con molte patologie concomitanti, i pazienti
con grave deterioramento fisico – sono esposte a un rischio più elevato
perché l’eventuale infezione causa con maggiore frequenza complicanze
gravi.
Perrone: Anche se i sintomi provocati sono simili a quelli dell’influenza, il virus Covid-19, responsabile dell’attuale emergenza, è diverso dai virus influenzali, sia perché appartiene a un’altra famiglia di virus, sia perché è nuovo per gli esseri umani. Questo significa che il nostro sistema immunitario è impreparato a reagire a tale infezione rispetto all’influenza stagionale, che, oltretutto, non provoca polmoniti tanto frequentemente quanto l’infezione da coronavirus. Se tutti ci ammalassimo nello stesso momento, i sistemi sanitari potrebbero non essere in grado di prendere in carico i pazienti più gravi, anche se fossero pochi in percentuale rispetto al totale dei malati. Tutto questo giustifica le misure che si stanno mettendo in atto, anche alla luce del fatto che non esiste ancora un vaccino.
Perrone: Anche se i sintomi provocati sono simili a quelli dell’influenza, il virus Covid-19, responsabile dell’attuale emergenza, è diverso dai virus influenzali, sia perché appartiene a un’altra famiglia di virus, sia perché è nuovo per gli esseri umani. Questo significa che il nostro sistema immunitario è impreparato a reagire a tale infezione rispetto all’influenza stagionale, che, oltretutto, non provoca polmoniti tanto frequentemente quanto l’infezione da coronavirus. Se tutti ci ammalassimo nello stesso momento, i sistemi sanitari potrebbero non essere in grado di prendere in carico i pazienti più gravi, anche se fossero pochi in percentuale rispetto al totale dei malati. Tutto questo giustifica le misure che si stanno mettendo in atto, anche alla luce del fatto che non esiste ancora un vaccino.
I pazienti oncologici sono più a rischio degli altri?
Maga: I pazienti oncologici di per sé rappresentano una popolazione più esposta al rischio di infezione e di eventuali complicanze,
ma va ovviamente valutato anche il tipo di patologia tumorale, la
condizione generale della persona e la terapia a cui è sottoposta. Per
esempio, le terapie immunosoppressive (che riducono l’efficienza del
sistema immunitario) espongono a un maggiore rischio di contrarre
qualunque infezione. Non vi sono tuttavia indicazioni che un paziente
oncologico sia più a rischio di infettarsi specificamente con Covid-19:
il rischio aumentato vale per tutte le malattie infettive, non solo per
questa. Anche in un paziente che non ha una riduzione di efficienza del
sistema immunitario, una eventuale infezione può avere un decorso più
difficoltoso o grave sulla base del grado e del tipo di tumore che lo
affligge, proprio a causa di una condizione di salute già fragile e non
ottimale. Verosimilmente, maggiore è la gravità del tumore
sottostante e maggiore sarà il rischio di andare incontro a un decorso
dell’infezione da Covid-19 più grave rispetto a una persona sana.
Pochi giorni fa sono usciti, sulla rivista Lancet Oncology, i risultati dello studio a oggi più completo per quanto riguarda Covid-19 e i malati di cancro, condotto in Cina con circa 2000 pazienti. I risultati confermano un aumentato rischio di complicanze. I dati tuttavia andranno rivalutati più avanti perché la maggior parte dei casi presi in esami in questo studio è composta da malati di cancro al polmone che, per ovvie ragioni, sono più suscettibili alle gravi infezioni polmonari.
Perrone: I pochi dati finora disponibili sul coronavirus sembrano testimoniare che l’andamento clinico della malattia può essere peggiore nei pazienti più anziani e in quelli affetti da importanti malattie croniche o debilitanti, incluse le malattie oncologiche. Non esistono dati affidabili su quanto queste condizioni possano aumentare le probabilità di contrarre l’infezione. Per quanto riguarda i malati di tumore in generale, non sappiamo se il fatto stesso di essere malati esponga a un rischio più alto di contrarre l’infezione rispetto a soggetti non ammalati di tumore. Tuttavia, è presumibile che sia così per i pazienti che, a causa del tumore, sono sottoposti a trattamenti come la chemioterapia che possono indurre immunosoppressione. Tale aumento del rischio è comunque accettabile in un bilancio costi-benefici rispetto alle ragioni per cui si pratica la chemioterapia.
Pochi giorni fa sono usciti, sulla rivista Lancet Oncology, i risultati dello studio a oggi più completo per quanto riguarda Covid-19 e i malati di cancro, condotto in Cina con circa 2000 pazienti. I risultati confermano un aumentato rischio di complicanze. I dati tuttavia andranno rivalutati più avanti perché la maggior parte dei casi presi in esami in questo studio è composta da malati di cancro al polmone che, per ovvie ragioni, sono più suscettibili alle gravi infezioni polmonari.
Perrone: I pochi dati finora disponibili sul coronavirus sembrano testimoniare che l’andamento clinico della malattia può essere peggiore nei pazienti più anziani e in quelli affetti da importanti malattie croniche o debilitanti, incluse le malattie oncologiche. Non esistono dati affidabili su quanto queste condizioni possano aumentare le probabilità di contrarre l’infezione. Per quanto riguarda i malati di tumore in generale, non sappiamo se il fatto stesso di essere malati esponga a un rischio più alto di contrarre l’infezione rispetto a soggetti non ammalati di tumore. Tuttavia, è presumibile che sia così per i pazienti che, a causa del tumore, sono sottoposti a trattamenti come la chemioterapia che possono indurre immunosoppressione. Tale aumento del rischio è comunque accettabile in un bilancio costi-benefici rispetto alle ragioni per cui si pratica la chemioterapia.
L'immunoterapia e l'immunosoppressione provocata dalla chemioterapia comportano un aumento del rischio di essere infettati?
Perrone:
Non esistono dati sui rischi di contrarre l’infezione da coronavirus in
corso di trattamento immunoterapico o di immunosoppressione da chemioterapia.
Né esistono dati (nel senso di studi scientifici pubblicati) sulla
eventualità che il trattamento immunoterapico o l'immunosoppressione da
chemioterapia possano condizionare in modo specifico l’andamento clinico
della infezione da coronavirus. Tuttavia è ragionevole pensare,
per analogia con quanto accade nel caso dell’influenza stagionale, che
in presenza di immunosoppressione da chemioterapia ci possano essere più
complicanze e che il loro andamento clinico possa essere peggiore.
Ha senso rinviare o interrompere le terapie oncologiche?
Milella: In generale non mi vengono in mente circostanze che giustifichino il rinvio di una terapia oncologica,
se non per esempio legate al fatto che il reparto di oncologia sia
stato esposto all’infezione da coronavirus, come è accaduto a Crema.
Cosa possiamo dire sulle altre terapie come la radioterapia o la terapia ormonale, che non agiscono direttamente sul sistema immunitario?
Perrone: La terapia ormonale non agisce direttamente sul sistema immunitario e la radioterapia lo influenza meno della chemioterapia, quindi è ragionevole affermare che si può stare più tranquilli.
Quali accorgimenti pratici deve prendere un malato oncologico nella vita di tutti i giorni?
Perrone:
Le regole di comportamento suggerite dal Ministero della salute aiutano
a contenere il rischio di contrarre l’infezione: lavarsi spesso le
mani, evitare il contatto ravvicinato con persone che soffrono di
infezioni respiratorie acute, non toccarsi occhi, naso e bocca con le
mani (particolarmente senza averle preventivamente lavate), coprire
bocca e naso se si starnutisce o si tossisce, pulire le superfici
(bagni, cucine, tavoli dove si pranza, scrivanie) con disinfettanti a
base di cloro o alcol. Non è utile assumere antibiotici a meno che non
li prescriva il medico, né usare la mascherina per proteggersi
dall’infezione. Non ci sono rischi legati al trasporto o maneggiamento
di prodotti fabbricati in Cina e non ci sono rischi con i pacchi
ricevuti dalla Cina perché il coronavirus non sopravvive a lungo sugli
oggetti. Non bisogna avere paura degli animali da compagnia poiché non
diffondono il virus. Se si hanno febbre alta e tosse, bisogna
contattare i numeri di segnalazione regionale o nazionale solo se si è
tornati dalla Cina nelle ultime due settimane o se si è stati in
contatto con soggetti sicuramente contagiati.
C'è molta confusione sull'uso della mascherina. Va usata? Quando?
Perrone: La mascherina serve solo (a) nel caso in cui si pensi di poter essere affetti dall'infezione, per proteggere gli altri dal possibile contagio, e (b) nel caso in cui si assista una persona sicuramente contagiata. La mascherina può anche essere utile per coloro che assistono malati di tumore in condizioni di immunosoppressione (per esempio durante l’abbassamento dei globuli bianchi causato dalla chemioterapia), ma si tratta di una misura che viene consigliata da tempo e indipendentemente dalla attuale emergenza sul coronavirus.
Cosa succede se un malato oncologico contrae l’infezione da Covid-19?
Milella:
In caso di infezione da coronavirus in un paziente oncologico ci si
comporta come avviene in caso di polmonite di origine batterica, il cui
trattamento diventa prioritario rispetto a quello della malattia
oncologica (come avviene per tutte le malattie acute). In un certo
senso, il rischio legato al coronavirus è un elemento in più tra i tanti
che già entrano a far parte della valutazione tra rischi e benefici che
il medico fa continuamente insieme a ciascuno dei propri pazienti.
Quali sono le raccomandazioni per le persone che si prendono cura dei malati?
Perrone:
È sicuramente ragionevole che chi si prende cura di un malato di tumore
faccia attenzione a evitare contatti tra gli ammalati in corso di
trattamento chemioterapico e soggetti con sintomi come febbre e tosse.
Tale principio, tuttavia, è valido a prescindere dal coronavirus poiché
rappresenta una buona regola nei confronti di tutte le forme di
infezione.
Milella: Se un familiare o un chi si prende cura di un malato manifestano sintomi di infezione respiratoria è raccomandabile mantenere le distanze dal malato di cancro, in aggiunta alle raccomandazioni che valgono per tutti e contenute nel decalogo diffuso dal Ministero della salute.
Milella: Se un familiare o un chi si prende cura di un malato manifestano sintomi di infezione respiratoria è raccomandabile mantenere le distanze dal malato di cancro, in aggiunta alle raccomandazioni che valgono per tutti e contenute nel decalogo diffuso dal Ministero della salute.
Perché i grandi centri oncologici italiani non hanno delle linee telefoniche dedicate a rispondere alle domande dei pazienti su questo problema?
Perrone: È inopportuno frammentare e moltiplicare i punti informativi sull’infezione da coronavirus
poiché solo gli organismi centrali (Ministero della salute, Istituto
superiore di sanità, Protezione civile) sono in possesso di dati
aggiornati e possono dare indicazioni ragionevoli. La sovrapposizione di
meccanismi paralleli di informazione provoca confusione e aumenta
l’ansia, con effetti personali e sociali sproporzionati rispetto alla
reale minaccia legata all’infezione. I centri oncologici, come tutte le
istituzioni ospedaliere, hanno attivato o recepito dalle autorità
nazionali e regionali procedure per la gestione degli eventuali casi
sospetti, e linee guida sull’opportunità di eseguire i test e, infine,
in caso di positività, istruzioni per il trasferimento verso centri di
riferimento attrezzati per il trattamento dei casi che richiedono
ospedalizzazione.
Le precauzioni suggerite valgono solo per gli abitanti del Nord Italia?
Maga:
Per pazienti all’interno della Zona Rossa (le cittadine del Nord
sottoposte a quarantena) valgono ovviamente le regole delle autorità.
Per tutti gli altri valgono le norme basilari, contenute anche nel decalogo del Ministero della salute. Chi vive a contatto con un paziente oncologico, oltre a seguire queste norme, dovrebbe aver fatto il vaccino antinfluenzale.
Questo sia per non rischiare di trasmettere l’infezione al paziente,
soprattutto se questi per ragioni cliniche non può farlo, sia per
facilitare la diagnosi di una eventuale infezione da coronavirus, che
potrebbe altrimenti essere confusa con l’influenza.
Misure particolari per le zone sorvegliate sono comunicate di volta in volta dalle autorità e quindi è sempre necessario essere attenti e informarsi. In caso di dubbi o per chiarimenti, è sempre consigliato rivolgersi prima al proprio medico curante, lasciando i numeri di telefono dedicati (112 e 1500) liberi per le emergenze.
Fonte ( AIRC)
Misure particolari per le zone sorvegliate sono comunicate di volta in volta dalle autorità e quindi è sempre necessario essere attenti e informarsi. In caso di dubbi o per chiarimenti, è sempre consigliato rivolgersi prima al proprio medico curante, lasciando i numeri di telefono dedicati (112 e 1500) liberi per le emergenze.
Fonte ( AIRC)