"Oggi siamo in grado di identificare quasi tutti i
tumori in fase molto precoce e questo da una parte ci permette di avere
la massima possibilità di cura e di guarigione, dall’altra consente di
ridurre l’impatto dal punto di vista chirurgico". Così Enrico Cassano,
direttore della Divisione di Radiologia senologica dell'Istituto europeo
di oncologia di Milano sintetizza i passi in avanti compiuti nella
diagnosi e nella cura del tumore al seno. Tema al centro del Talks on Tomorrow "Health screening. Le nuove tecnologie per la lotta al tumore al seno", organizzato da H-Farm e Repubblica, in collaborazione con Fujifilm.
Professore, qual è stato, in questo percorso, il contributo della tecnologia?
"Il progresso tecnologico consente di effettuare test sempre più precisi, come la mammografia, l’ecografia e la risonanza magnetica, e permette di individuare lesioni sempre più piccole".
Questo aumenta il cosiddetto rischio di sovradiagnosi?
"È un problema che sta emergendo negli ultimi tempi. Ovviamente, più vediamo più siamo in grado di identificare lesioni ed è probabile che alcune di queste non siano tumori veri e propri, cioè che non siano in grado di evolvere verso la malattia. Il problema è che ad oggi non abbiamo la capacità di differenziare i tumori “indolenti” da quelli che non lo sono, abbiamo delle indicazioni ma non la certezza".
Come bisogna procedere?
"Spetta al medico scegliere il percorso, senza esagerare. Oggi il paradigma fondamentale è che il trattamento deve essere il minimo necessario e non più il massimo tollerabile, come si pensava fino a qualche anno fa. A fronte della maggiore capacità di diagnosi bisogna individuare il trattamento esatto per ciascuna situazione, perché l’obiettivo è far sì che la donna abbia una vita il più normale possibile".
Massimo attivismo da parte delle donne e fiducia nelle scelte del medico, quindi?
"Sì. Le donne devono capire l’importanza dell’identificazione precoce delle malattia, che costituisce momento difficile, da affrontare affidandosi a persone competenti. Il consiglio è sempre quello di rivolgersi alle Breast Unit, organizzazioni multidisciplinari che seguono tutto il percorso del paziente, dalla diagnosi alla terapia".
Il ministero della Salute promuove lo screening mammografico per le donne tra 50 e 69 anni. Il prossimo passo potrebbe essere allargare questa fascia, come avviene già in alcune Regioni?
"Allargare la fascia di controllo è fondamentale. Il futuro, però, non è solo la mammografia, che pure ha permesso di cambiare l’approccio verso la malattia mammaria. Oggi, in alcune situazioni, potrebbe non essere sufficiente, lo dimostrano i dati quotidiani. Il futuro sarà soprattutto cercare criteri per personalizzare lo screening per ogni singola donna, tenendo presenti le caratteristiche strutturali della mammella, la storia della persona e il suo rischio familiare, così da individuare il programma più adatto".
Qual è il futuro per la ricerca?
"Nel campo della ricerca tecnologica ci sono importanti novità, in parte già in essere, in parte per il prossimo futuro. Una di queste è la Tomosintesi, un cambiamento della modalità di acquisizione delle immagini mammografiche: prima si ottenevano attraverso un’immagine unica, ora, invece, sono acquisite a strati, riducendo così la possibilità che la sovrapposizione delle strutture ghiandolari nasconda il tumore. L'altro aggiornamento è l’utilizzo della mammografia con il mezzo di contrasto, che non potrà avere una grandissima diffusione, ma sarà importante in situazioni particolari".
Professore, qual è stato, in questo percorso, il contributo della tecnologia?
"Il progresso tecnologico consente di effettuare test sempre più precisi, come la mammografia, l’ecografia e la risonanza magnetica, e permette di individuare lesioni sempre più piccole".
Questo aumenta il cosiddetto rischio di sovradiagnosi?
"È un problema che sta emergendo negli ultimi tempi. Ovviamente, più vediamo più siamo in grado di identificare lesioni ed è probabile che alcune di queste non siano tumori veri e propri, cioè che non siano in grado di evolvere verso la malattia. Il problema è che ad oggi non abbiamo la capacità di differenziare i tumori “indolenti” da quelli che non lo sono, abbiamo delle indicazioni ma non la certezza".
Come bisogna procedere?
"Spetta al medico scegliere il percorso, senza esagerare. Oggi il paradigma fondamentale è che il trattamento deve essere il minimo necessario e non più il massimo tollerabile, come si pensava fino a qualche anno fa. A fronte della maggiore capacità di diagnosi bisogna individuare il trattamento esatto per ciascuna situazione, perché l’obiettivo è far sì che la donna abbia una vita il più normale possibile".
Massimo attivismo da parte delle donne e fiducia nelle scelte del medico, quindi?
"Sì. Le donne devono capire l’importanza dell’identificazione precoce delle malattia, che costituisce momento difficile, da affrontare affidandosi a persone competenti. Il consiglio è sempre quello di rivolgersi alle Breast Unit, organizzazioni multidisciplinari che seguono tutto il percorso del paziente, dalla diagnosi alla terapia".
Il ministero della Salute promuove lo screening mammografico per le donne tra 50 e 69 anni. Il prossimo passo potrebbe essere allargare questa fascia, come avviene già in alcune Regioni?
"Allargare la fascia di controllo è fondamentale. Il futuro, però, non è solo la mammografia, che pure ha permesso di cambiare l’approccio verso la malattia mammaria. Oggi, in alcune situazioni, potrebbe non essere sufficiente, lo dimostrano i dati quotidiani. Il futuro sarà soprattutto cercare criteri per personalizzare lo screening per ogni singola donna, tenendo presenti le caratteristiche strutturali della mammella, la storia della persona e il suo rischio familiare, così da individuare il programma più adatto".
Qual è il futuro per la ricerca?
"Nel campo della ricerca tecnologica ci sono importanti novità, in parte già in essere, in parte per il prossimo futuro. Una di queste è la Tomosintesi, un cambiamento della modalità di acquisizione delle immagini mammografiche: prima si ottenevano attraverso un’immagine unica, ora, invece, sono acquisite a strati, riducendo così la possibilità che la sovrapposizione delle strutture ghiandolari nasconda il tumore. L'altro aggiornamento è l’utilizzo della mammografia con il mezzo di contrasto, che non potrà avere una grandissima diffusione, ma sarà importante in situazioni particolari".
Fonte : Sara Bernacchia
Per maggiori informazioni www.senologia.eu
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